Riportiamo di seguito il brano che Emilia Protti, studentessa dei liceo classico Karis Dante Alighieri, ha letto ieri in occasione dei festeggiamenti della città di Rimini per la ricorrenza del 2 giugno, festa della Repubblica Italiana.
Brano tratto dal “Messaggio del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi in occasione del giuramento nella seduta comune della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica del 12 maggio 1948”.
Nelle vostre discussioni, signori del parlamento, è la vita vera, la vita medesima delle istituzioni che noi ci siamo liberamente date; e se v’ha una ragione di rimpianto nel separarmi, per vostra volontà, da voi è questa di non poter partecipare più ai dibattiti, dai quali soltanto nasce la volontà comune; e di non potere più sentire la gioia, una delle più pure che cuore umano possa provare, la gioia di essere costretti a poco a poco dalle argomentazioni altrui a confessare a se stessi di avere, in tutto o in parte, torto e ad accedere, facendola propria, alla opinione di uomini più saggi di noi. Giustino Fortunato, uno degli uomini che maggiormente onorarono il mezzogiorno e questa camera, sempre fieramente si leva contro le calunnie di coloro i quali, innanzi al 1922, avevano in spregio il parlamento perché in esso troppo si parlava; ed ascriveva a sua somma ventura di aver molto imparato ascoltando colleghi, di lui tanto meno dotti, ed a merito dei dibattiti parlamentari di aver creato un ceto politico, venuto su dal suffragio a poco a poco allargato e già divenuto quasi universale, un ceto politico migliore di quello che, all’alba del risorgimento, era stato fornito dal suffragio ristretto. Or qui si palesa il grande compito affidato a voi, che avete il grave dovere di attuare i principi della costituzione ed a me, che la legge fondamentale della Repubblica ha fatto tutore della sua osservanza. Tra le due date, del 1848 e del 1948, ricordate nel giorno centenario da ambedue i vostri presidenti, è nato un problema nuovissimo, che nel secolo scorso grandi pensatori politici avevano dichiarato insolubile: quello di far durare sistemi democratici quando a votare ed a deliberare sono chiamate non più ristrette minoranze di privilegiati ma decine di milioni di cittadini tutti uguali dinnanzi alla legge. Il suffragio universale parve ed ancor pare a molti incompatibile con la libertà e con la democrazia. La costituzione che l’Italia si è ora data è una sfida a questa visione pessimistica dell’avvenire. Essa afferma due principi solenni: conservare della struttura sociale presente tutto ciò e soltanto ciò che è garanzia della libertà della persona umana contro l’onnipotenza dello stato e la prepotenza privata; e garantire a tutti, qualunque siano i casi fortuiti della nascita, la maggiore uguaglianza possibile nei punti di partenza.