• 31 Gennaio 2022

Dal banco alla cattedra: nuove opportunità per “educare” ed “educarsi”

Dal banco alla cattedra: nuove opportunità per “educare” ed “educarsi”

Dal banco alla cattedra: nuove opportunità per “educare” ed “educarsi” 1024 605 Karis Foundation Rimini

Letizia Albini, professoressa di matematica e fisica ai licei Karis

Letizia Albini, insegnante di matematica e fisica al liceo scientifico Georges Lemaitre di Fondazione Karis, si ritrova asintomatica positiva a pochi giorni dalla ripartenza della scuola, sul finire della vacanze di Natale. Il timore per la ripresa delle lezioni, il programma da continuare, le interrogazioni di fine quadrimestre riempiono i primi giorni di “assenza”  fino a quando dai colleghi arrivano notizie inedite e incredibili: lo studio in classe prosegue grazie a due studenti che, aiutati dai docenti, prendono iniziativa e dal banco passano alla cattedra, preparando le lezioni e spiegando ai compagni. Così, dopo tanti anni di insegnamento, il Covid diventa nuova occasione per “essere educati”.

Son un’insegnante di quinta scientifico costretta a casa per una settimana: Covid positiva. Succede anche a chi è vaccinato e sta attento. Però non sto male.
Intanto i miei studenti, in ognuna delle “mie” ore, stanno lavorando insieme facendo matematica e fisica, con la guida di due loro compagni e sotto lo sguardo stupito dei miei colleghi che a turno si avvicendano per coprire la mia assenza. Ho visto il loro sguardo mentre mi aggiornavano via call su come procedeva lo studio in classe senza la mia presenza. Tutti colpiti dal vedere una ragazza e un ragazzo che si sono presi la responsabilità e l’impegno di preparare le lezioni per i compagni. Hanno studiato prima di ogni lezione i nuovi argomenti da affrontare, collegandosi con me nel pomeriggio precedente per capire come stare alla lavagna, spiegare, fare esercizi, rispondere alle domande.
Una scelta non richiesta né dovuta, soprattutto per nulla scontata. In una situazione così strana i mie colleghi hanno visto ogni ragazzo in classe prendere appunti, chiedere, ripetere. Ognuno è stato coinvolto e si è lasciato coinvolgere nel lavoro. Uno spettacolo straordinario nella sua semplicità nascosta dentro un’aula di scuola.
Ecco, la cosa stupefacente è rendersi conto con commozione che tutto questo è nato da tanti “sì” liberi, detti con timore e in punta di piedi, a volte inconsapevoli e a volte con decisione, da tutti quei ragazzi di fronte ad un’occasione per quanto negativa che la realtà ci metteva davanti.
È stata l’occasione per me di toccare ancora con mano che la realtà, per quanto a volte si presenti dura e non coincida con quello che vuoi, ha dentro sé un punto in cui ti interpella profondamente, ti chiede chi sei e cosa desideri. Di fronte a questo appello c’è tutta la possibilità di scoprire la bellezza che è nascosta e che apre nuovi orizzonti della realtà stessa, fatta non solo dalle cose ma anche dalle persone che troviamo come compagne di strada.
Questo hanno fatto i due ragazzi, subito seguiti dagli altri della classe. Questa è una novità che si ripropone: la scuola, il mio luogo di lavoro, è luogo di crescita mia, dei miei colleghi e dei miei ragazzi. Tra i miei compagni di strada posso trovare anche i miei alunni nel momento in cui li guardo non solo come destinatari del mio sapere, ma come persone che come me e anche tramite me sono interpellate. Dunque la loro risposta è fondamentale e preziosa.
Posso fidarmi del fatto che ho davanti a me persone in grado di rispondere, cioè di essere responsabili di quello a cui sono chiamati e che la loro risposta non mi lascia uguale a prima. Si chiama educazione. Pure ai tempi e nei difficilissimi modi del Covid-19.